Festa di Sant'Agata




E' difficile riuscire a comprendere l'essenza della festa di Sant'Agata se non si è catanesi. Cosa spinge i devoti a vestirsi con una tunica bianca e seguire in processione il fercolo della Santa. Da dove nasce l'affetto per la santuzza per la quale si portano pesanti ceri in spalla per tutta la via Etnea di Catania.

In bilico tra l'aspetto meramente religioso della festa e quello folkloristico, nelle prossime righe cercheremo di insinuarci nelle pieghe di una festa antica di secoli per capirne l'essenza, i colori ed i segreti.

Cenni storici - Il martirio di Agata
Sant'Agata nacque nel 8 settembre del 229 / 235 e morì a Catania il 5 febbraio del 251.

Le tesi sulla sua città natale sono diverse e controverse. Alcuni studiosi ritengono sia nata a San Giovanni Galermo (in provincia di Catania) per l'indicazione trovata su alcuni manoscritti che identifica la sua città natale con Ganormus o Galermus.
Altri studiosi, partendo dalla stessa fonte, ritengono invece che la città di nascita di Agata sia Palermo, il cui nome può essere derivato proprio da Ganormus o Panormus.


Lapide all'ingresso della casa di Sant'Agata



L'ipotesi più attendibile, comunque, indica Catania come la città natale di Sant'Agata, la cui casa si trova presso l’antico quartiere “di Giacobbe”, l’attuale via Museo Biscari, sul cui muro nel 1728 fu fatta erigere una lapide dalla Badessa Statella.


Interno della casa natale di Sant'Agata


Agata è stata una delle martiri più venerate dell'antichità cristiana, fu messa a morte durante la persecuzione di Decio (249-251) a Catania, per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana. La sua biografia menziona interrogatori, torture, una resistenza perseverante e la vittoria di una fede incrollabile.




Da un punto di vista giuridico, Agata aveva il titolo di "proprietaria di poderi", cioè di beni immobili. Per avere questo titolo le leggi vigenti nell'impero romano pretendevano il raggiungimento del ventunesimo anno di età. Dunque, il più plausibile anno di nascita è tra il 229 e il 230, così che tra l'8 settembre 230 (tradizionalmente, il giorno di nascita) e il 5 febbraio 251 (giorno della morte) avesse già compiuto il 21º anno di età.




Nel periodo fra la fine del 250 e l'inizio del 251 il proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania con l'intento di far rispettare l'editto dell'imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una feroce persecuzione. La tradizione riferisce che Agata fuggì con la famiglia a Palermo, ma Quinziano li scovò e li fece tornare a Catania.
Quando la vide di presenza, Quinziano s'invaghì della giovinetta (e delle sue ricchezze) e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. Al rifiuto deciso di Agata, consacrata a Dio a soli 15 anni, il proconsole la affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie. È possibile che Afrodisia fosse una sacerdotessa di Venere o Cerere, e pertanto dedita alla prostituzione sacra. Il fine di tale affidamento era la corruzione morale di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, fatta di allettamenti e minacce, per sottometterla alle voglie di Quinziano, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci. Ma Agata uscì da quella lotta vittoriosa e più forte di prima, tanto da scoraggiare le sue stesse tentatrici, le quali rinunciarono all'impegno assunto, riconsegnando Agata a Quinziano.


Finestra della cella in cui fu incarcerata Sant'Agata


Rivelatosi inutile il tentativo di corromperne i principi, Quinziano diede avvio ad un processo e convocò Agata al palazzo pretorio.
Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l'intento di piegare la giovinetta. Inizialmente venne fustigata e sottoposta al violento strappo dei seni, mediante delle tenaglie. La tradizione indica che nella notte venne visitata da San Pietro, che la rassicurò portandole conforto e ne risanò miracolosamente le ferite. Venne infine sottoposta al supplizio dei carboni ardenti e anche in questa occasione si assistette ad un miracolo: mentre il corpo di Agata veniva martoriato dal fuoco, il velo rosso, simbolo della sua consacrazione a Dio, non bruciava. La notte seguente all'ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella.


Martirio di Sant'Agata



Dopo la Vergine Maria, Agata è una delle sette vergini e martiri ricordate nel canone della Messa.

La festa in suo onore che ogni anno viene organizzata nella città di Catania è la terza festa religiosa più importante al mondo (dopo la Settimana Santa di Siviglia ed il Corpus Domini a Cuzco in Perù) e conta più di un milione tra fedeli e turisti.

Folla di fedeli in piazza Duomo

Reliquie
Nel 1040 il generale bizantino Giorgio Maniace trafugò le reliquie della Santa per portarle a Costantinopoli. Nel 1126 due soldati rubarono (dopo aver ricevuto una visione della Santa) i resti della martire per restituirle al Vescovo di Catania.

Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono nel Duomo di Catania. Questi resti sono oggi conservati in parte all'interno del prezioso busto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni), opera dell'orafo senese Giovanni di Bartolo e in parte dentro a reliquiari posti in un grande scrigno, anch'esso d'argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo), opera del catanese Vincenzo Archifel.

Reliquia di Sant'Agata

Altre reliquie della Santa, come ad esempio piccoli frammenti di velo e singole ossa, sono custodite in chiese e monasteri di varie città italiane ed estere. Un braccio è custodito nella Cattedrale di Palermo.

Il velo
Il velo di Sant'Agata è una reliquia conservata nella Cattedrale di Catania in uno scrigno d'argento insieme ad altre reliquie della giovane. Secondo una leggenda è un velo usato da una donna per coprire la Santa durante il martirio con i carboni ardenti. Nei fatti il cosiddetto "velo" di colore rosso faceva parte del vestimento con cui Agata si presentò al giudizio, essendo questo, indossato su una tunica bianca, l'abito delle diaconesse consacrate a Dio. Secondo un'altra leggenda il velo era bianco e diventò rosso al contatto col fuoco della brace.


Scrigno con le reliquie di Sant'Agata


Nel corso dei secoli, venne più volte portato in processione come estremo rimedio per fermare la lava dell'Etna.

Velo rosso di Sant'Agata


Cappella di Sant'Agata
Il busto e le reliquie di Sant'Agata sono custodite all'interno della Cattedrale di Catania, nella cappella di Sant'Agata. Questa rappresenta un autentico scrigno di tesori d'arte. Un'elaborata cancellata in ferro battuto, opera di Salvatore Sciuto Patti, protegge il maestoso ambiente dedicato a Sant'Agata.

Cancello di ingresso alla Cappella di Sant'Agata

Varcato il cancello, il portale d'accesso alla cammaredda è un monumentale manufatto marmoreo, concepito in epoca rinascimentale, con rilievi indorati. L'architettura presenta fusti di colonne con decorazione a foglie d'acanto, i rispettivi capitelli reggono mensole sulle quali poggia e si articola un elaborato architrave aggettante ornato da fregio con cherubini alati. Il vano sottostante, caratterizzato dalla volta a cassettoni, ospita il varco d'accesso al sacello protetto da una fitta cancellata sormontata da una raffigurazione della martire sorretta da putti e angeli.

Portale d'accesso alla cammaredda

Varcato il portale, si accede alla cammaredda: locale realizzato chiudendo il passaggio interno per l'ingresso dei canonici nel coro. Il vano custodisce le reliquie della santa ed il busto in argento.

La cammaredda - la stanzetta che custodisce le reliquie di Sant'Agata

I miracoli
Molti sono i miracoli attribuiti a sant'Agata nel corso dei secoli:
-) era trascorso un anno esatto dal martirio quando l’Etna minacciò di distruggere Catania con un’inarrestabile e spaventosa colata lavica. Nel momento di maggiore sconforto qualcuno si ricordò dell’iscrizione sulla tavoletta di marmo con cui l’angelo aveva promesso aiuto alla città di Catania, patria di Agata. Così i catanesi con grande devozione, presero il velo rosso poggiato sul sarcofago della santa e, tra preghiere e invocazioni, lo portarono in processione dinanzi al fronte lavico. Il fiume di magma infuocato si arrestò per miracolo, lasciando incolumi gli abitanti e intatte le case dei villaggi ai fianchi del vulcano. Fu un tripudio: lodi, celebrazioni, inni di ringraziamento.
Era il giorno 5 febbraio, la data del martirio della vergine catanese e in seguito a questo evento Agata fu proclamata santa.


-) Santa Lucia, patrona di Siracusa, andò con la madre gravemente ammalata a pregare sulla tomba di Agata per implorarne la guarigione. Narra la leggenda che Lucia, mentre pregava, ebbe una visione nella quale Sant'Agata le disse «perché sei venuta qui quando ciò che mi chiedi puoi farlo anche tu? Così come Catania è protetta da me, la tua Siracusa lo sarà da te.» La madre di Lucia guarì, e la giovane dopo poco venne martirizzata.

Sant'Agata e Santa Lucia

-) nel 1169 Catania fu scossa da un disastroso terremoto nel giorno 4 febbraio alle ore 21 quando molti cittadini catanesi erano radunati nella cattedrale per pregare in onore della Santa. Nel crollo della cattedrale morirono il vescovo e 44 monaci, oltre a un numero imprecisato di fedeli. Nei giorni seguenti altre scosse di terremoto imperversarono sulla città. La tradizione vuole che il terremoto sia cessato soltanto quando i cittadini presero il velo della Santa e lo portarono in processione.

-) secondo le leggende, più di quindici volte, dal 252 al 1886, Catania è stata salvata dalla distruzione da parte della lava grazie all'intercessione di Sant'Agata.
E' stata preservata dagli Ostrogoti, dall'ira di Federico Il e dalla peste.
Ma chi può contare le grazie ricevute in più di diciassette secoli dai catanesi e da quanti in tutto il mondo cristiano si sono affidati a lei?




Curiosa è la vicenda che riguarda un dipinto di Sant'Agata.
Una delle eruzioni più disastrose dell'Etna avvenne nei primi di giugno del 1669, quando una serie di bocche si aprirono lungo i fianchi del vulcano, che eruttò lava e lapilli per sessantotto giorni, bruciando abitazioni, invadendo il piano di Castello Ursino, riempiendone i fossati.
Quando il magma era giunto a una distanza di trecento metri dal Duomo, miracolosamente scansò i luoghi in cui Sant'Agata era stata imprigionata, subito il martirio e poi sepolta, per riversarsi in mare, proseguendo per oltre tre chilometri.
In quell'occasione un affresco, che raffigurava Sant'Agata in carcere, fu trasportato intatto dal fiume di lava per centinaia di metri: quel dipinto si trova sull'altare maggiore della chiesa di Sant'Agata alle Sciare.



La Festa di Sant'Agata nel passato
Dal 3 al 5 febbraio, Catania dedica alla Santa una grande festa, misto di fede e folklore. Secondo la tradizione, alla notizia del rientro delle reliquie della Santa nel 1126, il vescovo uscì in processione per la città a piedi scalzi con le vesti da notte, seguito dal clero, dai nobili e dal popolo.

Le origini della venerazione di Sant'Agata si fanno risalire all'anno seguente il martirio, ovvero al 252 d.C.. Il popolo nutrì subito una grande devozione per la vergine Agata che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e per non abiurare alla sua fede.

Per quanto attiene la festa vera e propria, è molto difficile stabilire quale fu l'anno d'inizio delle celebrazioni. Sicuramente i primi festeggiamenti a Sant'Agata, anche se non programmati, avvennero spontaneamente il 17 agosto 1126 quando le spoglie della Santa catanese, trafugate nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla città di Costantinopoli. Sparsa la voce, nel corso della notte i cittadini si riversarono nelle strade della città per ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie dell'amata martire Agata.


Carro trionfale


Soltanto nel 1376, anno di costruzione della vara (fercolo), in legno, si presume che siano iniziati i festeggiamenti con la processione per le vie della città. Dal 1209 al 1375 avvenivano processioni con il velo della santa. Il fercolo attuale, tutto in argento su di un telaio in legno, fu ricostruito nel 1946 dopo che nel corso di un intenso bombardamento da parte dell'aviazione britannica, avvenuto il 17 aprile del 1943, era stato seriamente danneggiato quello preesistente, inaugurato nel 1519.


Fercolo di Sant'Agata in processione


Anticamente nei giorni di festa usciva il Carro Trionfale, di grandi dimensioni, trainato da sei buoi, su cui prendevano posto l’orchestra ed i cantanti, mentre nella parte centrale, su di una colonna svettava la statua di Sant'Agata con attorno figure angeliche.
Tutto ciò in ricordo del carro a forma di prua di nave, su cui s’era imbarcata Iside alla ricerca dell’amato Osiride, ucciso e fatto a pezzi dall'invidioso fratello Set.
Questa tradizione si è protratta fino al 17 agosto del 1872.



Negli anno, alla festa puramente religiosa si affiancò una festa più popolare, voluta dal Senato della città e anche dalla popolazione. Pertanto, in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si inserirono spettacoli di natura diversa per intrattenere i fedeli che arrivavano da ogni parte della Sicilia.

Fino al 1692 la festa si svolgeva in un giorno solo, il 4 febbraio. Dal 1712 la festa assunse un'importanza maggiore venendo strutturata su due giornate di festeggiamenti, il 4 e 5 febbraio.







La festa ai giorni nostri
I festeggiamenti si svolgono nella città di Catania dal 3 al 5 di febbraio.

La giornata del 3 febbraio si apre con la processione per l'offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con il caratteristico e molto atteso spettacolo pirotecnico del 3 febbraio.

Giochi pirotecnici del 3 febbraio

La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4 febbraio con la messa dell'Aurora, quando il busto reliquiario di Sant'Agata, dopo un anno di attesa per tutta la città, viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito e "consegnato" ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno della città che si concluderà con il rientro in Cattedrale alle prime luci dell'alba.


In queste brevi righe è celato il vero significato della festa di Sant'Agata: l'affetto per la santuzza. Un legame così forte da diventare una presenza quotidiana nella vita della città.
Il busto di Sant'Agata, insieme a tutte le reliquie, è tenuto nascosto all'interno della Cattedrale, in una zona protetta da un cancello in ferro. Per un intero anno, per i cittadini catanesi è impossibile vedere la Santa.

Nei giorni della festa, però, il busto di Sant'Agata, ma più correttamente la Santa (come se fosse una presenza viva), viene "consegnato" ai cittadini catanesi che, dopo un anno di attesa, possono portare a spasso quella ragazzina tanto amata, in giro per la città. E' come una parente lontana che torna dopo un lungo periodo di assenza. Una sorella, dal viso benevolo e sorridente, a cui rivolgere preghiere e confidenze.

Si racconta che ogni mattino, molti cittadini catanesi entrino in Cattedrale per un saluto ed una preghiera alla Patrona, pronunciando l'espressione: “ciao Sant'Agata, sto andando a lavorare”.

Fino al XV secolo il busto di Sant'Agata era sempre in Cattedrale, ma visibile a tutti. La cancellata della cappella a lei dedicata fu realizzata, non dopo il furto delle reliquie (come erroneamente creduto) ma da Maria de Avila, moglie del viceré Ferdinando di Acugna, per seppellirlo accanto alla santa nel 1494.

Nella mattina del 5 febbraio, nella Cattedrale, ha luogo la messa del Pontificale presieduta dalle più alte cariche religiose e non. Durante tutta la giornata il busto reliquiario di Sant'Agata rimane esposto presso la Cattedrale e infine nel pomeriggio, dopo la santa messa, viene nuovamente "affidato" ai devoti per un'ultima processione lungo un percorso interno della città che lo vedrà concludersi nella tarda mattinata del giorno successivo 6 febbraio.




La Vara
Il termine “fercolo” deriva dal latino “Fero Cultum”: portare in processione l’immagine degli Dei per il culto, usanza risalente già al tempo degli antichi greci.

Il fercolo di Sant'Agata o vara (in siciliano), prima del 1379 era in legno dorato molto pregiato. E' un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente lavorato, che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno, anch'esso in argento, entro cui sono custodite tutte le reliquie di Sant'Agata.


Fercolo di Sant'Agata



Costruito nel 1518, in puro stile rinascimentale, è finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue raffiguranti gli apostoli. Ha forma rettangolare ed è coperto da una cupola, anch'essa rettangolare, poggiata su sei colonne in stile corinzio. Fu costruito dall'artista orafo Vincenzo Archifel.

Originariamente il fercolo procedeva a strappo in quanto, non avendo freni, le ruote erano tagliate a mezzelune conferendo un'andatura "a saltelli" sul lastricato. Oggi invece, il fercolo si muove su quattro ruote cilindriche in acciaio con battistrada in gomma pieno e viene trainato tramite due cordoni (il fercolo non è dotato di alcun motore), al cui capo sono collegate quattro maniglie, lunghi ciascuno circa 130 metri, dai devoti col caratteristico saccu. Ogni cordone presenta in testa un sistema di quattro corde con maniglia che permette di tenerlo costantemente e regolarmente in tensione.


Maniglie dei uno dei due cordoni


L’attuale fercolo è poggiato su un congegno che consiste in un carro con 4 piedi, ognuno dei quali è provvisto di un telaio con 2 rulli gommati a gomme piene del diametro esterno di 30 cm. e larghe 20.
Tutto il carro (vuoto pesa circa 17 quintali, appesantito poi dal busto della Santa, dallo Scrigno e dalla cera, può arrivare a pesare anche 30 quintali), viene così ad essere portato da 8 rulli (provvisti di dispositivo automatico di bloccaggio ad arpionismo) che rotolano sulla strada. Per la sicurezza è provvisto di 4 freni indipendenti a tamburo a ganasce ed a comando simultaneo, con 2 posti di frenatura occupati da 2 conducenti addetti alla condotta ed alla sicurezza soprattutto nelle salite e per evitare un ritorno improvviso indietro in seguito ad eventuale arresto del carro.



Il Fercolo e le curve
I rulli di acciaio su cui si muove il fercolo non sono sterzanti. Per questo motivo le curve che si snodano lungo il percorso rappresentano un'operazione piuttosto lunga e delicata.

Le operazioni necessarie per affrontare le curve sono sostanzialmente due: stendere i cordoni e ruotare il fercolo.



Vista la lunghezza dei cordoni, ogni volta che il fercolo deve cambiare direzione, le maniglie si trovano a circa 200 metri dalla curva da affrontare. Per questo motivo, i devoti devono tornare indietro e distendere i cordoni lungo la via da percorrere dopo la curva. Il tutto in mezzo ad una folla pressante.

Fercolo trainato dai due cordoni


Mentre i cordoni vengono ritirati, il fercolo viene ruotato mediante un apposito martinetto centrale che consente il sollevamento da terra di tutto il complesso e la sua rotazione totale in perfetto equilibrio, in modo che, con una facile e breve manovra il carro può invertire direzione di movimento.


Struttura del fercolo



Dall'addobbo floreale della vara si può riconoscere se si è alla processione del giorno 4 o a quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il fercolo (sempre garofani) sono di colore rosa, simbolo della passione per Gesù ed del martirio; nella processione del giorno 4 febbraio e di colore bianco, segno della fede in Dio, della purezza di cuore e della sua verginità di donna consacrata al Signore, nel giro interno del giorno del martirio che si festeggia il 5 febbraio.


Fercolo con i garofani rosa



Il fercolo che oggi devoti e turisti ammirano con grande curiosità non è quello originale; infatti i bombardamenti alleati del 17 aprile 1943 distrussero - oltre a numerosi edifici laici e religiosi - anche la Casa Vara e con essa il Fercolo originale. Esso fu ricostruito nel 1946 da Giuseppe Barresi, tramite disegni, fotografie e progetti che ritraevano quello ormai perduto e si poté utilizzare soltanto dall'edizione 1947 della Festa. Per la festa del 1946 i catanesi chiesero l'aiuto dei paesi vicini. Fu così che Acicastello - che già nella storia del culto agatino era ricordata come punto in cui le reliquie stesse ritornarono in patria il 17 agosto 1126 - prestò ai Catanesi la sua vara di San Mauro.


Busto di Sant'Agata


Prima del 1376, poiché non esisteva un simulacro di Sant'Agata, le reliquie si veneravano in chiesa con sporadiche feste, poi venivano adagiate su una vara in legno dorato (forma cambiata ogni 5 anni) e trasportate a spalla dagli ignudi che in processione andavano a petto nudo e scalzi.
Dopo la bara in legno i catanesi costruirono l’arca o Carro Trionfale in legno ed in stile barocco che, per ben 12 anni rappresentò l’espressione massima della festa, la cui ultima uscita si fa risalire al 17 agosto 1872.




L’arca era un carro artistico di notevoli dimensioni trainato da sei buoi, su cui prendevano posto l’orchestra ed i cantanti, mentre nell'ultima parte dei suoi ordini si erigeva una colonna, sulla quale, attorniata da figure angeliche, svettava un simulacro di Sant'Agata, a rappresentare la traslazione da Costantinopoli, sulle coste catanesi, delle Reliquie della Santa nell'agosto del 1126, epoca a cui si fa risalire anche l’uso del “sacco bianco”.


La forma di barca del carro trionfale di Sant'Agata, secondo alcuni studiosi, è ispirata a l'imbarcazione con cui si Iside partì alla ricerca dell’amato Osiride, ucciso e fatto a pezzi dall'invidioso fratello Set.

Il legame tra Iside e Catania si riscontra anche nell'obelisco ottagonale posto sulla groppa dell’elefante di pietra situato in Piazza Duomo, proprio dedicato alla dea Iside.

Sarà in epoca barocca, che nasceranno i fercoli che conosciamo oggi, delle vere e proprie opere d’arte, arricchite con gioielli, argento e legno, come quello di Sant'Agata, da cui furono poi ispirati vari artisti che su quel modello idearono fercoli che trasportano i Santi di quasi tutta la diocesi catanese.





Il busto
Il busto della santa, completamente in argento, è stato realizzato nel 1376 e contiene anch'esso delle reliquie di Sant'Agata. Infatti nella testa, ricoperta da una corona donata dal re inglese Riccardo Cuor di Leone, di passaggio a Catania di ritorno da una Crociata, è stato inserito il teschio della santa catanese, mentre nel busto è inserita la cassa toracica.


Corona donata da re Riccardo Cuor di Leone



Il busto fu realizzato dall'artista Giovanni di Bartolo, su incarico del vescovo di Catania ed è ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto. Oltre alla già menzionata corona, si possono citare alcuni dei più importanti gioielli donati alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati del busto di Sant'Agata; una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di Catania; una grande croce riccamente lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d'Onore francese appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali appartenute a vescovi di Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia; un anello appartenuto alla regina Margherita che lo donò nel 1881 nel corso di una visita a Catania.

Busto di Sant'Agata


Visti i numerosi gioielli donati nel corso degli anni a Sant'Agata, è stata istituita un'apposita commissione per vagliare quali gioielli ed ex voto siano degni di essere posti sul busto (ormai sul retro del busto) della santa e quali, invece, per la minore importanza, saranno "convertiti" in denaro.

Per il numero e la bellezza dei suoi gioielli, il busto reliquiario di Sant'Agata rappresenta uno dei più importanti tesori d’arte italiana. I preziosi che ricoprono il busto rappresentano anche il ruolo che la Sicilia ha avuto nella storia europea: gli smeraldi, ad esempio, così diffusi negli ori agatini, testimoniano i commerci con l’appena scoperto Nuovo Mondo e della forte devozione spagnola a Sant'Agata.





Colui che realizzò il Reliquiario a busto di Sant'Agata, scelse di raffigurarla con realismo talmente trasfigurato da riuscire a magnificare e ad imprimere espressione di serena dolcezza nelle fattezze del volto, rese ancor più naturali dalla perfetta scelta dei sali di metallo, per poter ottenere la giusta gamma coloristica della massa vitrea, quindi degli smalti.

Uno sportello munito di cerniere, permette una periodica ispezione dei resti. All'interno del Busto Reliquiario vi è una campana che racchiude la cassa toracica, contenente 3 involucri (in uno tutte le vertebre della schiena, in un altro le ossa del bacino e della spalla, nell'ultimo vi sono tutte le stecche del petto), mentre in una cavità della testa è riposto il teschio.

Il simulacro di Sant'Agata si trova nella parte superiore della cammaredda, sopra lo scrigno, e viene prelevato il giorno 4 febbraio. Gli vengono montate le ali dei 2 angeli posti accanto alla Martire e lentamente viene sceso con un piccolo elevatore, successivamente viene fatto scorrere su binari in legno e Sant'Agata esce così dal sacello, accolta da tutti i suoi devoti che la aspettavano all'esterno. Infine viene fatto scorrere sulla “varetta” portata a spalla, legato per non farlo cadere.

Busto di Sant'Agata portato a spalla verso il fercolo


Lo scrigno
Lo scrigno che contiene le reliquie di Sant'Agata è una cassa d'argento in stile gotico, realizzata intorno alla fine del XV secolo dall'artista catanese Angelo Novara. Il coperchio, anch'esso in argento, fu realizzato dallo stesso artista che costruì la vara. Esso è riccamente istoriato con immagini della vita di Sant'Agata e contiene le sue reliquie racchiuse in diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani, dalle due gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al santo velo. I reliquiari che le contengono sono tutti di diversa fattura in quanto costruiti in epoche differenti.


Scrigno di Sant'Agata



Il sacco
La tunica, chiamata sacco, altro non è che un saio penitenziale (o cilicio), ovvero il Sakkos greco-bizantino cioè una veste liturgica, una sorta di stoffa molto ruvida che gli uomini e le donne si avvolgevano intorno alle reni nei giorni di lutto e di penitenza.

I Profeti avevano portato il “SAK” in segno di protesta contro il lusso; nell'Apocalisse si dice che alla vigilia del giorno del giudizio Dio manderà i suoi due testimoni a profetizzare, vestiti di SAK. Nell'Antico Testamento si parla molto spesso del SAK, allorquando Mosè ordinò ai Leviti che, nel portare l’Arca dell’Alleanza, contenente le Tavole della Legge (i dieci comandamenti), portassero il sacco penitenziale ed il capo coperto di cenere.



Il vero significato del sacco indossato dai catanesi il 17 Agosto del 1126, in occasione del ritorno delle reliquie di Sant'Agata a Catania, non è quello della camicia da notte, come narra la leggenda, poiché, secondo quanto ci è stato tramandato dagli storici, allora le persone dormivano a terra su un pagliericcio oppure sopra una stuoia. Mentre i ricchi si coprivano con un lenzuolo, il ceto medio dormiva con gli stessi vestiti del giorno ed i poveri , addirittura nudi, quindi, nessuno usava la camicia da notte perché sconosciuta.

In principio il sacco era di colore cenere, poi si usò il bianco che indica purezza, religione, speranza mentre la berretta in velluto nero, detta scuzzedda, vuole indicare la cenere.


Fu poi iniziato l’uso dei guanti bianchi in segno di rispetto, mentre il fazzoletto si usava, sino a mezzo secolo fa, per salutare i parenti e gli amici che partivano con la diligenza o col treno.



Le candelore
Molto antica è la tradizione delle candelore. Esse sono tredici (l'ultima è stata aggiunta nel 2018) e rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Si tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in superficie, contenenti al centro un grosso cero. Questi imponenti ceri dal peso che oscilla fra i 400 ed i 900 chili, vengono portati a spalla da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini, che le fa avanzare con un'andatura caracollante detta a'nnacata.

I portatori delle candelore indossano un copricapo che prende il nome di “vadedda”. Questo consiste in un sacco di iuta dentro al quale si collegano le assi di legno delle candelore che di fatto sono quindi tenute con la forza del collo dei portatori.



Candelora in processione

L’abbigliamento del portantino di una candelora prevede anche un altro elemento, la “curria“: vale a dire una sorta di cinturone nella parte frontale del cereo che può direzionarlo.

Le tredici candelore sono:

  1. Cereo di Monsignor Ventimiglia o di Sant'Aita. È il più piccolo e fu donato nel 1766 da Monsignor Salvatore Ventimiglia allora arcivescovo di Catania.
  2. Cereo dei rinoti. Questa è la prima delle grandi candelore in processione, essendo la più antica.
  3. Cereo dei giardinera (ortofloricoltori) costruito in stile gotico, è sormontato da una corona ed è per questo motivo che è soprannominato la regina delle candelore.
  4. Cereo dei pisciari (pescivendoli), in stile rococò, detta anche "a bersagliera", si distingue per una corona floreale pendente che conferisce una sensazione di movimento durante l'annacata.
  5. Cereo dei fruttaiola (fruttivendoli), detto 'a signurina (la signorina) per la sua semplice bellezza. Si distingue per essere realizzato su di una base costituita da quattro cigni.
  6. Cereo dei chiancheri (macellai), poggia su di una base costituita da quattro leoni ed ha, nella parte alta, una statua di San Sebastiano patrono della corporazione.
  7. Cereo dei pastari (produttori di pasta), è l'unico che ha tuttora il candelone centrale in cera mentre le altre candelore hanno un cero in plastica.
  8. Cereo dei pizzicagnoli (venditori di pezzi di formaggio); è costruito in stile liberty ed è realizzato su di una base costituita da quattro cariatidi.
  9. Cereo dei putiari (bettolieri), è realizzato in stile impero ed è costruito su una base rappresentata da quattro leoni e da quattro aquile. È il secondo più pesante dopo quello dei panitteri ed è portato da 10 persone.
  10. Cereo dei panitteri (panificatori) detta a' mamma, è il più grande e pesante di tutti ed è trasportato da ben 12 portatori o vastasi.
  11. Cereo del Circolo sant'Agata; è realizzato in stile neoclassico. In esso sono raffigurati, oltre a sant'Agata, l'altro martire catanese Sant'Euplio.
  12. Cereo del Villaggio Sant'Agata. È tra i più nuovi dei ceri grandi e il 3 febbraio 2012 ha fatto la sua prima uscita in occasione dell'offerta della cera.
  13. Cereo dei Mastri Artigiani, l'ultima candelora, aggiunta nel 2018.

Facendo un piccolo cenno storico, sappiamo che nel 1514 si contavano ben 22 candelore, la prima delle quali in processione era quella dei Confettieri adorna di cosi 'nzuccarati; nel 1674 sappiamo fossero addirittura 28.





I giorni della festa
3 febbraio
Il giorno 3 febbraio si ha l'inizio dei festeggiamenti con la processione dell'offerta della cera a Sant'Agata, detta anticamente la processione della luminaria. La processione, alla quale partecipano il clero e le autorità cittadine con in testa il sindaco, parte dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in Piazza Stesicoro per raggiungere, attraverso la via Etnea, la Cattedrale di Sant'Agata.

La processione ha inizio con la sfilata in corteo delle candelore. Il sindaco si reca alla chiesa di San Biagio sulla carrozza settecentesca del Senato assieme ad alcuni membri della giunta mentre altre autorità prendono posto in una seconda carrozza più piccola. Da alcuni anni le due carrozze sono esposte in permanenza nell'atrio del Palazzo degli Elefanti, la sede del municipio di Catania.


Carrozza del Senato



I festeggiamenti del 3 febbraio ('a sira do tri, cioè la sera del 3), si concludono in piazza del Duomo, davanti alla Cattedrale, con un concerto lirico-sinfonico, il quale prevede l'esecuzione della Cantata in onore di Sant'Agata. La Cantata (provvista di tre brani: "Lo ionico mare", "Preghiera" e "Cabaletta") è stata composta tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso dal musicista catanese Michele Giarrusso.

Alla fine del concerto ha luogo uno spettacolo piromusicale che per durata e bellezza non ha eguali. A questo proposito quando si vuol citare un evento fuori dal comune, i catanesi dicono: mancu 'a sira ô tri ("Nemmeno la sera del tre febbraio") ad indicare la grandiosità dell'evento.



Giochi pirotecnici del 3 febbraio


4 febbraio

I festeggiamenti di giorno 4 hanno inizio con la messa dell'aurora. Essa rappresenta la prima funzione religiosa in onore della santa e anche il primo incontro, molto intimo, fra la santa e i suoi devoti. Alle 03:30 il portone della cattedrale viene violentemente aperto dalla calca dei fedeli che con il sacco bianco invadono le navate correndo freneticamente verso il sacello di Sant'Agata. Una volta arrivate in cattedrale le alte autorità comunali che custodiscono le chiavi del sacello, si procede all'apertura dello stesso, potendo così assistere all'uscita del mezzobusto reliquiario e dello scrigno. 

Tre differenti chiavi sono necessarie per aprire il cancello di ferro che protegge le reliquie in cattedrale: una la custodisce il tesoriere, la seconda il cerimoniere, la terza il priore del capitolo della cattedrale. 


Fercolo vuoto in attesa del busto di Sant'Agata


Sant'Agata finalmente si mostra, venendo fuori dai cancelli in ferro battuto e rivolgendo il suo sguardo prima alla navata destra e poi a quella centrale. La scena è molto toccante e suggestiva con migliaia e migliaia di cittadini (così vengono chiamati i devoti) che sventolando il fazzoletto bianco esplodono nell'urlo:


«Jè chiamamula ccu 'razzia e ccu cori,
pì sant'Àjtuzza bedda, ca stà niscennu,
cittatini!
semu tutti divoti, tutti?
cittatini, cittatini!
evviva sant'Àjta
cittatini!
evviva sant'Àjta.
tutti divoti, tutti?
cittatini, cittatini!»



Il mezzobusto contenente le reliquie è posto sull'altare maggiore e ha inizio la messa detta dell'aurora, mentre fuori il fercolo viene posizionato per l'imminente uscita. Sono le ore 06.00.


Busto di Sant'Agata pronto per essere posizionato sul fercolo


Alla fine della messa, Sant'Agata viene portata in trionfo al fercolo, salutata da fuochi d'artificio e, preceduta dalle candelore: inizia il giro esterno della città.

Prima che la processione cominci, il parroco della Basilica Cattedrale con un breve discorso affida alla popolazione etnea le Sante reliquie della Vergine Agata.


Giro esterno



La prima parte del percorso si snoda uscendo da Porta Uzeda verso gli archi della marina. La processione prosegue lungo via Dusmet costeggiando il tracciato delle mura cinquecentesche. Il fercolo prosegue per le altre strade del giro, esterno alle antica mura della città, secondo un tracciato percorso in senso antiorario, sempre accompagnato da due ali di folla. Nel corso del giro effettua una sosta in piazza Carlo Alberto davanti al Santuario della Madonna del Carmine, durante la quale la Patrona riceve l'omaggio del Terz'Ordine Carmelitano. Il giro esterno raggiunge poi la piazza Stesicoro dove si trovano i luoghi che ricordano il martirio di sant'Agata. Qui infatti sorgono la Chiesa di Sant'Agata al Carcere e la Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in cui la vergine Agata subì il martirio. Segue una piccola sosta, dedicata a un messaggio dell'Arcivescovo Metropolita di Catania. A questo punto c'è l'avvenimento più caratteristico della giornata. Lungo a cchianata de' Cappuccini, il fercolo di Sant'Agata viene trainato di corsa fino al culmine della stessa, giungendo così dinanzi alla Chiesa di san Domenico, nella omonima piazza. Negli ultimi anni tuttavia, a causa della morte di un devoto durante la festa del 2004, la salita non viene più percorsa di corsa (così come anche la salita di Sangiuliano di giorno 5 febbraio).







Raggiunta la Chiesa di Sant'Agata la Vetere, la prima cattedrale di Catania, la processione si ferma qui per alcune ore. Verso sera, dopo una messa nella piccola Chiesa di Sant'Agata la Vetere, riprende il giro esterno della città che attraversa i quartieri dell'antico corso, dei cappuccini, del fortino (con i famosi fuochi artificiali), di san Cristoforo e degli Angeli custodi, per rientrare in cattedrale, alle prime luci dell'alba o addirittura la mattina del giorno 5 dando luogo a spettacoli di fuochi pirotecnici.

Devoti con i ceri

5 febbraio
La festa ha inizio con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in presenza del legato pontificio che è solitamente un cardinale. Partecipano il clero catanese al completo, le autorità civili e militari ed il popolo dei fedeli. Nel pomeriggio, verso le 18:00, ha inizio il giro interno della città, quello più breve ma anche quello più "intimo" e seguito dai fedeli. Il fercolo percorre la via Etnea fino al Giardino Bellini, per deviare poi in via Caronda che percorre fino ad arrivare in piazza Cavour o, come dicono i catanesi, 'u bbuggu dove, davanti alla Chiesa di Sant'Agata al Borgo, ha luogo uno spettacolo pirotecnico (i fuochi del borgo).

Giro interno

Alla fine la processione scende, lungo la via Etnea, fino ai Quattro canti dove gira a destra per effettuare di corsa a cchianata 'i Sangiulianu (come la salita dei Cappuccini, anche questo tratto non viene più percorso di corsa). Questo è il momento topico dal punto di vista spettacolare. Il fercolo veniva trainato di corsa dai cittadini, lungo la via Marchese di Sangiuliano, fino a raggiunge la sommità della salita fra due ali di folla plaudente. Per via dei Crociferi, la più bella strada barocca di Catania, il fercolo si avvia verso la cattedrale. 

Salita di Sangiuliano


Qui viene effettuata l'ultima sosta davanti al convento delle suore clarisse che, da dietro i cancelli del sagrato del loro monastero, intonano dei canti a Sant'Agata. L'origine del testo e della musica è molto antico, anche se una leggenda tramanda che il suo autore fu un siciliano di nome Tarallo, che lo compose appositamente per questo Monastero di San Benedetto.
Quindi, nella mattina del 6 febbraio (il record fu nel 2011 quando il fercolo rientrò alle ore 12:45), Sant'Agata fa rientro in cattedrale.


Rientro in Cattedrale


Il rientro in cattedrale coincide con il momento più triste e malinconico della festa. Per oltre due giorni, i devoti hanno goduto della compagnia della santuzza, l'hanno accompagnata tra le loro case e le loro strade. Le hanno rivolto preghiere e canti, corrisposti dal benevolo sorriso della santa bambina. L'entrata in cattedrale (che una volta veniva fatta di corsa fino all'altare) rappresenta la fine di questo legame speciale dei catanesi con la propria patrona. Da questo momento, il busto di Sant'Agata verrà nascosto ancora una volta nella sua cammaredda.

Il pesante cancello di ferro battuto si chiude mentre i devoti, in lacrime, si arrampicano per dare l'ultimo saluto ad Agata, alla santa.






'Ntuppateddi
Nei tanti secoli che ha attraversato la festa di Sant'Agata, numerosi sono i riti e le tradizioni che si sono susseguiti. Concerti, corse dei berberi e cavalcate di nobili. Tradizioni oggi scomparse e dimenticate.
Di contorno alla festa di Sant'Agata è bello annoverare il rito delle 'ntuppateddi, dimenticato da tempo e ripreso soltanto negli ultimi anni della festa.

Il termine ‘ntuppateddi deriva dal siciliano “tuppa”, che indica la membrana che protegge il corpo delle lumache e dunque rimanda a qualcosa che si nasconde. Con questa interpretazione è nata la tradizione delle ‘ntuppateddi a Catania che fa riferimento alle donne che si travestivano e nascondevano il viso per non svelare la propria identità durante i giorni della festa di Sant'Agata.

Queste, dal Cinquecento e fino a metà Ottocento, erano delle donne, appartenenti a varie classi sociali, che nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio, si avventuravano da sole in giro per la città avvolte in un grande mantello e con il volto completamente celato per non farsi riconoscere. In quel tempo, infatti, era un'usanza fuori dal comune che una donna, sia sposata che nubile, uscisse di casa senza essere accompagnata. Esse andavano in giro per la città accettando dolci e regali da corteggiatori occasionali.


'ntuppateddi


La folla

Per i catanesi la festa di Sant'Agata è un po' come uno spartiacque, una linea di demarcazione sulla cui base si indicano fatti ed eventi dell'intero anno. "Ci vediamo prima di Sant'Agata", "Vi aspetto per Sant'Agata", "Alla prossima Sant'Agata".

Sant'Agata è sempre presente nella loro vita, segno di un amore viscerale e carnale. Nei tre giorni della festa, la città la tiene stretta nel suo abbraccio e sempre, comunque, in ogni giorno dell'anno, chiusa nel Suo sacello dorato in Cattedrale, nascosta allo sguardo ma non al cuore dei Suoi Cittadini, i devoti continuano ad invocarla e a rivolgerle preghiere.





Agata fa parte della loro vita, a lei si rivolgono con disarmante fede, per lei indossano il sacco bianco, tirano il cordone, portano sulle spalle il pesante cero acceso, piangono e pregano, a squarciagola le gridano il loro amore, la invocano con parole dolcissime. Lei è per loro "Sant'Ajtuzza" o semplicemente "A Santuzza", la loro piccola Agata, la loro piccola Santa.

I devoti, un'immensa marea di folla, stanno in strada, così stretti da non potersi muovere, a chiudere nel loro abbraccio la Santa, a incrociare almeno per un attimo il Suo sguardo, a mandarle un bacio, ad affidarle un segreto desiderio.





Ogni anno, la festa di Sant'Agata attira oltre un milione di persone, provenienti, per l'occasione, da tutte le parti del mondo. Questa immensa folla di gente si riversa per le strade di Catania e, quasi ininterrottamente, segue il fercolo nella sua lenta processione.
La gente rimane stipata ad ogni angolo pur di poter vedere da vicino la santa. E in ogni via è solo un indistinto tappeto di teste che ondeggiano.



Ovviamente, la calca si fa più fitta attorno al fercolo. Vicino la santuzza. Si vuole donare un cero acquistato in segno di devozione e ricevere, in cambio, un'immaginetta. Un fiore.
Si chiede una benedizione mentre il fercolo, a fatica, avanza lungo il percorso.

Per avere un'idea della quantità di gente presente alla processione basti pensare che il giro interno (il percorso di giorno 5 febbraio) ha una lunghezza di circa 4 chilometri (che si percorrerebbero a piedi in meno di un'ora) e viene percorso dalla processione in circa 16 ore. Con una media di circa 4 metri al minuto!


Dolci
Non possono mancare, nel periodo di festa per la santa, i dolci legati alla tradizione catanese: oltre alla calia e simenza (ceci secchi, semi di zucca, arachidi), presente in ogni festa a Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a Sant'Agata, come i cassateddi 'i sant'Aita e le olivette (pasta di zucchero fragrante di colore verde a forma di olive).


Olivette di Sant'Agata



Si tratta di dolci caratteristici della festa di Sant'Agata e sono simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassatedde fanno riferimento alle mammelle, per questo detti anche minnuzzi 'i sant'Àjta, che furono strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la sua fede. Le olivette, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai soldati del console romano Quinziano.


Munnuzze di Sant'Agata


Per concludere...

La Festa di Sant'Agata è considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza. Un mix di storia, devozione e folklore.

E' la festa di un'intera città, una festa che da secoli si evolve pur mantenendosi uguale a sè stessa. E' un occasione per vivere Catania senza orari, senza barriere, sentendosi parte di un'unica folla che ondeggia attorno alla propria patrona.

E' la condivisione di un sentimento di affetto che stringe ogni catanese attorno alla propria patrona, alla sorella perduta e che si traduce nell'esclamazione:

Cittadini! Evviva Sant'Agata.


Nel 2002 l’Unesco l’ha proclamata bene etno-antropologico patrimonio dell’umanità della Città di Catania nel mondo.








Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Agata
https://it.wikipedia.org/wiki/Festa_di_sant%27Agata
https://badiasantagata.wordpress.com/santagata/la-festa/
http://www.festadisantagata.it/storiafestadisantagata.php
https://www.ilsicilia.it/la-festa-di-santagata-una-devozione-che-si-rinnova/
http://www.circolosantagata.it/curiosita.html
https://www.peripericatania.it/Storie-di-Catania/santagata-alcune-curiosita-sulla-festa/
https://catania.liveuniversity.it/2018/01/27/festa-santagata-storia-candelore-foto/
https://www.goccediperle.it/catania/la-festa-di-s-agata/
https://catania.liveuniversity.it/2020/02/03/santagata-catania-fuochi-sira-o-tri/
http://www.piazzascala.altervista.org/piazzascalanews/pasqua2011/alba/index.htm
https://www.salvopuccio.com/

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