Una magia interrotta nel 1860

Una magia interrotta nel 1860
Breve storia della Sicilia fino al declino causato dalla conquista di Garibaldi



Si, lo so... in questa analisi sarà difficile essere imparziale, ma ci proverò, raccontando il più possibile fatti storici, documentati.



Da sempre la posizione strategica e un gran numero di approdi naturali hanno reso la Sicilia una piazzola di sosta privilegiata nell'autostrada d'acqua del Mediterraneo. A chiamarla Trinacria per la sua forma (da treis, “tre”, e akra, “promontori”) furono i Greci. Ma prima di loro l'isola fu abitata da molte altre popolazioni: Sicani, Siculi ed Elimi per esempio.

Ma cominciamo dall'inizio.




Sembra che l’uomo sia apparso in Sicilia nel periodo paleolitico (per l’esattezza nell'età pleistocenica), circa un milione d’anni fa, provenendo dall'Africa a cui la Sicilia era unita. Gli antichi mitologisti scrivono dei Ciclopi e dei Lestrìgoni. I primi possono essere spiegati come personificazione dei crateri dell’Etna o dalla presenza dei crani di elefanti nani, certamente esistiti nell'isola, in cui il buco della proboscide sul cranio venne interpretato come una cavità oculare. I Lestrìgoni, invece, erano un popolo di antropofagi abitanti nel territorio di Lentini.

Con il passare dei secoli, i reperti diventano più numerosi e la storia perde il fumo del mito, acquisendo i contorni del "fatto".

La "storia" della Sicilia inizia attorno al 7000 a.C., quando sarebbe sorta, tra India e Pakistan, una proto-città la cui società matriarcale era dedita all'agricoltura e alla pastorizia. Un millennio più tardi, una cultura estremamente simile, frutto di una migrazione, sarebbe sorta nell'attuale Turkmenistan. Nelle sue successive migrazioni, questo popolo raggiunse le sponde del Mar Nero che in origine sarebbe stato un lago di acqua dolce di dimensioni nettamente più contenute di quello attuale. Gli eventi di cui stiamo parlando si situano alla fine dell’età glaciale quando il ritiro dei ghiacciai avrebbe portato all'innalzamento progressivo delle acque dei mari.
Attorno al 5600 a.C., il Mediterraneo avrebbe sormontato l’antica diga naturale che lo separava dalle acque dolci del lago, provocando una gigantesca inondazione. Il ricordo deformato di quest’evento è probabilmente all'origine sia della narrazione biblica del Diluvio Universale sia del mito di Atlantide.
Le popolazioni che abitavano le rive del lago furono costrette a una precipitosa fuga, abbandonando quella che fin allora era stata una terra rigogliosa e fertile. Dal nome che costoro davano alla regione, Adana, sarebbe derivato il nostro eden, l’idea stessa del paradiso perduto.

I superstiti della catastrofe si irradiarono in tutte le direzioni; infatti gli archeologi ci dicono che attorno al 5500 a.C. si è riscontrato il sorgere improvviso di una serie di nuove culture, sia sulla sponda anatolica sia su quella europea del Mar Nero. Quella che potrebbe essere la progenie dei Siculi, è quella nota agli archeologi come cultura di Cucuteni, estesa sul lato occidentale del Mar Nero in un’area che si estende dalla Bulgaria alla Romania. Per irradiamento da questa cultura proto-indoeuropea verso occidente, si sarebbero formate le culture dei Celti e dei Siculi.
In Transilvania orientale vive tutt'oggi un popolo denominato Siculi (Szekely in rumeno e Sicui in ungherese). Esso è concentrato in un’area, posta a confine tra l’Ungheria e la Romania, chiamata “Terra dei Siculi”. Vi sono elementi che evidenzierebbero che non si tratterebbe di una semplice coincidenza di nomi: la bandiera degli Szekely, per esempio, raffigura un sole munito di volto affiancato a destra da un quarto di luna calante, a fare dei due astri quasi una figura unica. Lo stesso simbolo è ancora oggi diffusissimo ed estremamente popolare nella cultura siciliana.






La pressione di nuove popolazioni costrinse i proto-Siculi a spostarsi più a ovest nel periodo temporale che va dal 3000 al 2200 a.C., fin sulle sponde dell’Adriatico. In questo periodo la Sicilia era abitata da popolazioni locali come testimoniato dalla più antica cultura neolitica rinvenuta nell'isola, nota col nome di civiltà di Stentinello, dal nome del villaggio vicino Siracusa dove fu identificata per la prima volta.
Attorno al 1700 a.C., dalle coste orientali dell’Adriatico, i Siculi si sarebbero spinti nella nostra Penisola dando luogo a quella che gli archeologi chiamano cultura appenninica, caratterizzata dall'usanza funebre detta “inumazione a grotticelle”: i defunti erano sepolti in posizione fetale in una camera funeraria scavata in modo da ricordare l’utero materno. Tipo di sepoltura che probabilmente esprime l’idea della rinascita e della ciclicità dell’esistenza.
Nello stesso periodo, i Siculi si spostarono fino alle sponde del Tirreno, confermando la tesi che ipotizza i Siculi di origini liguri. Questa ipotesi troverebbe seguito, anche presso gli storici moderni, da nomi di città come Erice, Segesta ed Entella, in Liguria.

I Siculi avrebbero trovato ben scarsa resistenza in un’Italia ancora popolata da cacciatori-raccoglitori e avrebbero assoggettato gran parte dell’Italia centrale e meridionale. La storia è supportata anche da Dionigi di Alicarnasso, che li ritenne i primi veri abitanti del Lazio su cui poi sorse Roma. Un quartiere di Tivoli, che ancor oggi conserva il nome di ‘Siciliano’, sembra possa aver avuto origine sotto i Siculi.

Scacciati dal Lazio verso il 1400 a.C., i Siculi si sarebbero dovuti rifugiare in Sicilia. Quando arrivarono nell'isola, essa era già abitata da popolazioni di ceppo mediterraneo, Elimi e Sicani. Questi ultimi, la cui origine resta tuttora misteriosa, sarebbero un popolo di origine iberica (della zona di un fiume spagnolo detto Sicano) trasferitosi in Sicilia dopo l’anno 3000 a.C. per sfuggire ai Liguri. Secondo lo storico Diodoro Siculo, i Siculi occuparono la parte orientale dell’Isola, dopo che i Sicani l’ebbero abbandonata in seguito alle violente eruzioni dell’Etna. Dopo una serie di conflitti, Siculi e Sicani sarebbero giunti alla stipulazione di trattati che definivano le frontiere dei reciproci territori.




In questo periodo sono documentati scambi commerciali con i Micenei e con i Fenici che solcavano le acque del Mediterraneo, oltre che in tutto il bacino del Tirreno. Sicani ed Elimi avevano maggiori rapporti commerciali con i Fenici che partivano da Cartagine (Tunisia) mentre il Tirreno era raggiunto soprattutto dalle Isole Eolie, da cui si esportavano grosse quantità di ossidiana (materiale più tagliente della selce).

Paolo Orsi fu il primo storico ad approfondire la storia della Sicilia. Secondo lui, la vita pre-ellenica dell’Isola è divisibile in quattro fasi:
  • Periodo Litico (presiculo), confermato dagli insediamenti trovati in zona di Palazzolo Acreide, S. Panagia, Tremilia e Cava del Filosofo.
  • 1° Periodo Siculo (eneolitico) confermato dalla necropoli di Melilli, di Bernardina, e di Cava della Signora (Castelluccio).
  • 2° Periodo Siculo (eneo) confermato dalla necropoli del Plemmirio, del Molinello, della Tomba di Milocca, di Pantalica e di Thapsos.
  • 3° Periodo Siculo (del Ferro) confermato dai numerosi reperti rinvenuti presso le necropoli di Pantalica, di Tremenzano, e del Finocchito.

Il termine “Siculo” deriverebbe da quello del re Sikelòs, che diede nome al suo popolo e all'intera Isola.

Una delle più importanti città sicule è Pantalica del Regno di Hybla. La civiltà iniziale di Pantalica sarebbe stata Sicana, poi, quando i Sicani hanno lasciato il posto ai Siculi fuggendo verso la parte occidentale dell'isola, fiorì la Pantalica che, fra alterne vicende diventerà il più importante abitato della Sicilia Orientale, la Hybla del Regno siculo di Re Hyblon.

Periodo Greco

La storia dei Siculi termina quando i Greci, giungendo in cerca di nuovi mercati e terre da colonizzare, arrivarono sull'isola nel 756 a.C., diffondendo la propria cultura e i propri costumi. Dopo un periodo iniziale di convivenza tutt'altro che pacifica, all'insegna della sopraffazione degli indigeni, della pressione economica e politica, ma anche culturale ed ideologica esercitata dai colonizzatori greci, e il conseguente scardinamento dei parametri di autoidentificazione del mondo indigeno, la storia dei Siculi si perde intorno al 300 a.C..

La storia della Sicilia greca si fa risalire convenzionalmente alla fondazione delle prime colonie, intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Il tentativo di una Sicilia dominata interamente da stirpi greche tramonterà definitivamente intorno al 276 a.C., con la cacciata dall'isola di Pirro, re dell'Epiro.

Furono i Greci a chiamare la Sicilia: Trinacria per la sua forma (da treis, “tre”, e akra, “promontori”).

Le prime colonie sorsero nella Sicilia orientale: nell'VIII secolo a.C. i greci calcidesi fondarono Zancle, Naxos, Leontinoi (Lentini) e Katane (Catania); nella parte sud-orientale i corinzi e i megaresi fondarono, rispettivamente, Syrakousai (Siracusa) e Megara Hyblaea, mentre nella costa meridionale, nel 688 a.C., cretesi e rodii fondarono Ghelas (Gela). I Greci di Sicilia erano detti Sicelioti.

Il periodo greco fu caratterizzato dai molteplici i tiranni che si susseguirono. Uno dei più noti fu Gelone che portò la sede del potere a Siracusa. Gelone condusse una serie di battaglie atte ad allontanare le crescenti pressioni delle popolazioni dei Siculi e dei Sicani. Inoltre trasformò Siracusa in una città potente, con una marina e un esercito agguerriti.

Dopo la morte di Gelone, altri tiranni si succedettero: Ierone, fratello di Gelone ed altri sovrani definiti "violenti ed assassini". Da questo momento, però, lentamente la tirannia lascia il posto alla democrazia. Sarà infatti la loro dispotica crudeltà a spingere le rivolte che metteranno fine al primo periodo della tirannia in Sicilia. 

Intanto in Grecia (nel 431 a.C.) era scoppiata la guerra del Peloponneso che coinvolse pesantemente le colonie di Sicilia. Il conflitto si chiuse con la pesantissima sconfitta degli ateniesi alla fine del 413 a.C. Ben 7000 di loro furono fatti prigionieri e rinchiusi nelle cave di pietra dove la maggior parte di essi morì; i sopravvissuti, marchiati come cavalli, vennero venduti come schiavi, mentre i comandanti furono giustiziati.

Il periodo storico dal 405 a.C. fino alla conquista romana sarà dominato dalle figure dei sovrani siracusani: da Agatocle a Ierone II che stabilì la sua residenza nel palazzo fortificato di Ortigia. Ierone II curò specialmente le relazioni commerciali con i mercati mediterranei e l'Egitto. La sua politica estera previde prima un'alleanza con Cartagine; ma presto si accorse che l'astro emergente era Roma così nel 263 a.C. firmò un trattato con quest'ultima e vi rimase fedele fino all'ultimo.

Inizia l'era romana.

La dominazione greca ha lasciato in Sicilia alcune tra le più belle testimonianze artistiche del mondo. Il teatro greco di Siracusa, il tempio di Giove Olimpico di Agrigento, il Castello Eurialo, Segesta e Selinunte, nonchè la "cultura della bellezza" che ha sempre condizionato la cultura della Sicilia.

Teatro greco di Siracusa

Periodo romano

Fin dalla preistoria, la Sicilia è stata il territorio per scambi commerciali prediletto dai Fenici.  La dominazione fenicia in Sicilia iniziò prima dell'VIII secolo a.C., con la creazione di tre città-emporio nella zona occidentale dell'isola, e finì il 241 a.C., con la vittoria dei Romani nella prima Guerra Punica.

L'isola fu il primo territorio conquistato dalla Repubblica romana fuori dalla penisola italica e la Sicilia fu la prima provincia ad essere creata.


Durante la dominazione romana in Sicilia, fino al tempo di Cicerone, fiorirono le città delle coste settentrionale e orientale. Rimase vigorosa l'impronta greca dell'isola e la lingua latina iniziò ad affermarsi solo nel I secolo a.C. Fino al V secolo d.C. l'isola godette di un periodo senza guerre e in essa non erano stanziate truppe.
A partire dal 429 d.C. la Sicilia fu soggetta alle incursioni dei Vandali di Genserico. L'isola fu poi attaccata in forze nel 440 d.C., ma conquistata stabilmente dai Vandali solo a partire dal 468 d.C.

Celebre è il detto di Catone il Censore (234-139 a.C.), secondo cui la Sicilia era «il granaio della repubblica, la nutrice al cui seno il popolo romano si è nutrito»

Le vestigia dell'architettura romana non sono numerose. Non rimane che l'anfiteatro di Siracusa, lo splendido teatro di Taormina e la Villa di Piazza Armerina il cui pavimento a mosaico costituisce un insieme di grandezza e di bellezza senza precedenti.

Teatro di Taormina

Dopo l'anno zero, si diffonde nel mondo la Cristianità e la Sicilia, crocevia di scambi culturali ed economici, non può non essere interessata a questa nuova ondata culturale.


Le prime testimonianze dell'arte cristiana appaiono nelle catacombe (gallerie sotterranee scavate nella roccia per sfuggire alle persecuzioni religiose), principalmente in quelle di Siracusa, che conservano tracce di decorazioni pittoriche. Nel corso dei secoli seguenti, prima della costruzione di vere e proprie chiese, i templi vengono trasformati in chiese come, per esempio, il Tempio della Concordia ad Agrigento e quello di Atena a Siracusa (l'odierna cattedrale).



Proprio a Siracusa, infatti, nel I secolo d.C., è sorta la prima comunità cristiana d’Europa e le prime chiese cristiane realizzate furono la cattedrale di Siracusa (antico tempio greco di Atena) e la chiesa di San Giovanni alle catacombe.

Chiesa di San Giovanni a Siracusa

Età medievale - Bizantini, Arabi e Normanni

Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente, Odoacre ne ottenne la restituzione dai Vandali dietro pagamento di un tributo. L'isola rimase per tre secoli sotto la dominazione bizantina fino al VII secolo d.C., quando incominciarono le incursioni musulmane dall'Africa.
Nel 827 d.C., con lo sbarco a Mazzara del Vallo, inizia la conquista islamica della Sicilia che durerà per oltre due secoli fino al 1091, quando gli Arabi furono scacciati dai Normanni.
Cefalù divenne capitale del regno che nel frattempo si era allargato fino alla Campania e all'Abruzzo. 

Quando conquistarono la Sicilia, gli Arabi erano padroni del Sud della Spagna da più di un secolo. Essi introdussero nell'isola nuovi metodi di costruzione e di decorazione che avrebbero permesso la nascita di autentici capolavori: palazzi, moschee, fontane e giardini. Purtroppo, quasi tutte le testimonianze di quest'epoca fiorente sono scomparse o ci sono giunte sfigurate. Infatti, fin dal loro arrivo, i Normanni si approprieranno, ingrandiranno o trasformeranno in maniera diversa questi edifici arabi, in modo che sarà, in seguito, molto difficile distinguere l'apporto degli uni o degli altri. Questa coesistenza degli stili arabo, bizantino e normanno darà vita ad un'arte eclettica. Quest'arte senza frontiere darà vita alla "civiltà più originale, più raffinata, più affascinante che abbia potuto creare il medioevo" (G. Diehl; Palermo e Siracusa).

Cattedrale di Palermo

Angioini e Aragonesi

Durante il periodo normanno la Sicilia divenne uno degli Stati più ricchi e potenti d'Europa. Conclusosi il regno di Federico II e dei suoi figli, l'isola fu occupata dagli angioini, ma nel 1282, all'indomani della rivolta dei Vespri siciliani (rivolta popolare contro i dominatori francesi), l'isola si affidò alla Corona d'Aragona, che tramite il matrimonio di Costanza II di Sicilia con Pietro III di Aragona mantenne i legami di discendenza sia con gli Altavilla, sia con gli Hohenstaufen. Durante l'età aragonese la Sicilia continuò ad avere propri re fino al 1412.

Nel XIII e nel XIV secolo l'arte subisce l'influenza del gotico nordico importato dalla Francia. Questa influenza si fa sentire in particolare, nei castelli di Siracusa (Castello di Maniace), di Catania (Castello Ursino) e in alcuni palazzi costruiti da famiglie feudali, specialmente dai Chiaramonte, come i palazzi Sdafani e Steri a Palermo. Nel corso del XV secolo l'occupazione spagnola favorisce l'arte gotico-catalana di cui si trovano nell'isola alcuni esempi come il portico del Duomo di Palermo.

Castello Ursino a Catania

Età moderna

Con Ferdinando il Cattolico, re di Aragona e di Sicilia, si ebbe la conquista del Napoletano nel 1500. Sotto il governo degli Asburgo di Spagna la Sicilia ebbe un periodo di grande sviluppo economico, sociale, religioso, artistico, demografico che durò per quasi tutto il Cinquecento sino ai primi decenni del Seicento.
Nel periodo spagnolo moderno la popolazione siciliana raddoppiò, nacquero decine di nuovi paesi. Palermo passò da 30.000 abitanti a 140.000, Messina da 25.000 a 90.000, entrando nel ristretto novero delle prime dieci città europee per popolazione, ricchezza, e bellezza urbanistica.

Nel 1693, un terribile terremoto distrusse una vasta regione della Sicilia orientale, da Catania a Noto, e distrusse in tutto o in parte una cinquantina di centri della Val di Noto, provocando sul momento 60.000 vittime.

Come spesso accade, nella distruzione è contenuto in germe della rinascita. Nel giro di alcuni anni, infatti, l'isola sarà presa da un vero entusiasmo per questo nuovo stile importato dagli spagnoli. L'esuberanza delle forme e il gusto dello scenario lussureggiante ispireranno gli artisti siciliani. Questo movimento barocco è coinciso con la necessità di ricostruire città come Catania, Noto e Ragusa, distrutte dai sismi del 1669 e del 1693. È a Noto che l'arte barocca appare in tutto il suo vigore ma del barocco "siciliano" è impregnata tutta la Sicilia orientale, da Modica a Ragusa, da Catania a Palazzolo.

Duomo di San Giorgio a Modica

Epoca Borbonica

La grande crisi secentesca determinò in tutta Europa tensioni sociali e malcontento che sfociarono in numerosi episodi di sommosse, tumulti, moti e rivoluzioni che non lasciarono immune neanche la Sicilia, dove si registrarono una serie di rivolte in tutti i centri dell'isola e soprattutto a Palermo e a Messina. Ciò diede l'avvio alla guerra di successione spagnola in seguito alla quale il Regno di Sicilia passò prima ai Savoia (1713-1720) e poi agli Asburgo d'Austria (1720-1734), per poi finire nelle mani dei Borbone nel 1735. Durante i lunghi periodi di unione personale con altri Stati, il Regno mantenne sempre la propria indipendenza formale, assicurata dal Parlamento siciliano. Tale indipendenza venne però meno nel 1816, anno della fondazione del Regno delle Due Sicilie.

Dopo l'inizio della Rivoluzione francese prevalse un indirizzo reazionario; questo non fece che favorire, nella gente colta, lo sviluppo di nuove idee (il cosiddetto giacobinismo) che sfociò in numerose rivolte e congiure. L'abolizione delle libertà e delle franchigie della Sicilia, delle sue leggi, dei suoi ordinamenti, della sua zecca e delle sue magistrature destò nell'isola una viva opposizione, che condusse alla rivolta scoppiata nel luglio del 1820 per il riconoscimento dell'indipendenza sicilianaNel 1837 un'altra rivoluzione scoppiava a Catania e a Siracusa, favorita dalle condizioni in cui versavano le popolazioni colpite dalla carestia e dal colera, e poi un'altra ancora a Palermo nel 1848.
Queste insurrezioni rivelarono qual era lo stato d'animo dei Siciliani e offrirono il modo a Crispi di dimostrare a Garibaldi come l'isola fosse pronta ad accogliere la spedizione che questi aveva in animo di fare.

Siamo giunti all'unificazione dell'Italia.

Durante il regno dei Borboni in Sicilia l’architettura assunse forme e stili diversi, contagiata dai numerosi stranieri che venivano in Sicilia specialmente provenienti dall'Inghilterra e dalla Francia, che influenzarono e non poco l’architettura siciliana di quel tempo. Regge, chiese, palazzi nobiliari furono costruiti durante quel periodo e tutti con stili diversi.

Palazzina cinese a Palermo

Unità d'Italia e Spedizione dei Mille

Prima di proseguire nel racconto storico delle vicende successive al 1860, è d'obbligo fare una fotografia della condizione politica, culturale ed economica del Regno delle Due Sicilie.

I libri di scuola ci hanno insegnato che il Regno delle Due Sicilie era uno stato arretrato e povero, e che Garibaldi (l'eroe dei due mondi) abbia di fatto "liberato" i siciliani dall'oppressione borbonica. Le cose però non stanno proprio così...

Alla vigilia dello sbarco dei Mille, Napoli e la Sicilia erano le regioni più ricche d'Italia, tecnologicamente più avanzate e culturalmente più sviluppate.
Prima dello sbarco dei garibaldini, la Sicilia possedeva la seconda flotta d'Europa, un debito pubblico ininfluente e una moneta forte. I Siciliani furono la prima nazione ad esportare in Russia, instaurando anche solidi rapporti commerciali con l’America. Nelle due maggiori città dell’Isola, Palermo e Catania, l’industria della seta esportava con successo i suoi prodotti nei mercati europei e mediterranei. Vero fiore all'occhiello, poi, dell’economia isolana era la flotta mercantile con la compagnia Florio che gareggiava con le principali marinerie del Mediterraneo. Fu creato il Banco Autonomo di Sicilia, due casse di sconto e numerose casse di risparmio.

I primati del Regno delle Due Sicilie.
1735. Prima Cattedra di Astronomia in Italia
1737. Costruzione S.Carlo di Napoli, il più antico teatro d’Opera al mondo
1754. Prima Cattedra di Economia al mondo
1762. Accademia di Architettura, tra le prime in Europa
1763. Primo Cimitero Italiano per poveri (Cimitero delle 366 fosse)
1781. Primo Codice Marittimo del mondo
1782. Primo intervento in Italia di Profilassi Antitubercolare
1783. Primo Cimitero in Europa per tutte le classi sociali (Palermo)
1789. Prima assegnazione di “Case Popolari” in Italia (San Leucio a Caserta)
1789. Prima assistenza sanitaria gratuita (San Leucio)
1792. Primo Atlante Marittimo nel mondo (Atlante Due Sicilie)
1801. Primo Museo Mineralogico del mondo
1807. Primo Orto Botanico in Italia a Napoli
1812. Prima Scuola di Ballo in Italia, gestita dal San Carlo
1813. Primo Ospedale Psichiatrico in Italia (Real Morotrofio di Aversa)
1818. Prima nave a vapore nel mediterraneo “Ferdinando I”
1819. Primo Osservatorio Astronomico in Italia a Capodimonte
1832. Primo Ponte sospeso, in ferro, in Europa sul fiume Garigliano
1833. Prima Nave da crociera in Europa “Francesco I”
1835. Primo Istituto Italiano per sordomuti
1836. Prima Compagnia di Navigazione a vapore nel mediterraneo
1839. Prima Ferrovia Italiana, tratto Napoli-Portici
1839. Prima illuminazione a gas in una città italiana, terza dopo Parigi e Londra
1840. Prima fabbrica metalmeccanica d’ Italia per numero di operai (Pietrarsa)
1841. Primo Centro Sismologico in Italia, sul Vesuvio
1841. Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia
1843. Prima Nave da guerra a vapore d’ Italia “Ercole”
1843. Primo Periodico Psichiatrico italiano, pubblicato al Reale Morotrofio di Aversa
1845. Primo Osservatorio meteorologico d’Italia
1845. Prima Locomotiva a vapore costruita in Italia a Pietrarsa
1852. Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (Napoli)
1852. Primo Telegrafo Elettrico in Italia
1852. Primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia, a Capodimonte
1853. Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (il “Sicilia”)
1853. Prima applicazione dei principi della Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi
1856. Expò di Parigi, terzo paese al mondo per sviluppo industriale
1856. Primo Premio Internazionale per la produzione di Pasta
1856. Primo Premio Internazionale per la lavorazione di coralli
1856. Primo sismografo elettrico al mondo, costruito da Luigi Palmieri
1860. Prima Flotta Mercantile e Militare d’Italia
1860. Prima Nave ad elica in Italia “Monarca”
1860. La più grande industria navale d’Italia per numero di operai (Castellammare di Stabia)
1860. Primo tra gli stati italiani per numero di orfanotrofi, ospizi, collegi, conservatori e strutture di assistenza e formazione
1860. La più bassa mortalità infantile d’Italia
1860. La più alta percentuale di medici per numero di abitanti in Italia
1860. Primo piano regolatore in Italia, per la città di Napoli
1860. Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per numero di Tipografie (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per di Pubblicazioni di Giornali e Riviste (Napoli)
1860. Primo Corpo dei Pompieri d’Italia
1860. Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli)
1860. Primo Stato Italiano per quantità di Lire-oro conservata nei banchi Nazionali (443 milioni, su un totale 668 milioni messi insieme da tutti gli stati italiani, compreso il Regno delle Due Sicilie)
1860. La più alta quotazione di rendita dei Titoli di Stato
1860. Il minore carico Tributario Erariale in Euro.


Con l’Unità d’Italia, di tutto questo non rimase più nulla. Il nascente sistema industriale e le risorse del Sud furono progressivamente smantellate e trasferite al Nord. E fu appunto allora che con l’Unità d’Italia sorse “La questione meridionale”.
Con l’impoverimento e le spoliazioni del Sud, iniziarono i grandi flussi migratori dalla Sicilia verso le Americhe e verso altri Paesi del mondo. Prima del 1860, infatti, negli Stati Uniti, per esempio, si contavano molti più emigranti del Nord che del Sud.
Le rimesse e i risparmi degli emigranti meridionali finirono poi, negli anni a venire, paradossalmente, per favorire lo sviluppo delle fiorenti industrie del Nord e l’acquisto delle materie prime necessarie alla loro crescita.
Le enormi risorse drenate e rapinate, i grandi sacrifici imposti, l’impoverimento del Sud a favore del Nord, le repressioni soffocate nel sangue furono un prezzo che il Mezzogiorno e la Sicilia furono costretti a pagare, più di tutti gli altri, al processo di Unità nazionale.

Al momento dell’annessione, le Due Sicilie possedevano 443.200.000 di lire-oro, mentre tutti gli altri Stati pre-unitari insieme ne avevano 225.200.000; il Regno di Sardegna, in particolare, possedeva appena 27.000.000 di lire-oro.
Nel 1861, il debito pubblico piemontese aveva raggiunto i 2 mila milioni di lire!
Ma c’è di più. Nel Regno di Piemonte, le riserve auree garantivano solamente un terzo della carta-moneta circolante (vale a dire che 3 lire di carta valevano 1 sola lira d’oro); nelle Due Sicilie, invece, venivano emesse principalmente monete d’oro e d’argento, e le riserve coprivano interamente quel poco di valuta cartacea ivi esistente. La valuta piemontese era, quindi, carta straccia, mentre quella napoletana e siciliana era solidissima e convertibile per sua propria natura.

In parole povere, mentre il Regno delle Due Sicilie era pieno di soldi, il Piemonte era pieno di debiti, tanto che, senza tema di smentita, si può affermare che l’impoverimento del Meridione per arricchire il Nord non fu la conseguenza, ma la ragione dell’Unità d’Italia.

In un Sud impoverito e indebolito, ridotto alla fame e alla miseria, nascono i primi atti di brigantaggio che sfoceranno poi in organizzazioni sempre più strutturate chiamate Mafia. Ma questa è un'altra storia...


Come molti storici moderni sostengono, le tante invasioni non sono state per i siciliani solo dominazione e violenze, ma ne hanno permeato la vita, la cultura, il costume, l’arte, in maniera profonda e duratura. Per questi storici, i siciliani non hanno subito passivamente le varie dominazioni, ma ne hanno recepito le culture, fino a diventare parte costitutiva di quelle civiltà.
Sin dalla preistoria, la Sicilia è stata terra di passaggio di popoli e culture. Liguri, Fenici, Spagnoli, Austriaci, Tedeschi, Arabi, Romani, Francesi, Turchi, Greci, Scandinavi. Tutti, nei secoli, hanno combattuto per il predominio sull'isola ma tutti, indistintamente, hanno portato arte, cultura e tecnologia che, mischiandosi tra loro in un meltin-pot dai mille colori, hanno contribuito a creare la magnifica civiltà siciliana, fatta di luci ed ombre, di sole e di mare.
Soltanto una volta la Sicilia è stata depredata e non arricchita: dai propri fratelli italiani!



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